Venerdì 22 agosto, alle ore 17.30, presso l’omonima chiesetta dislocata nei pressi del Borgo, si svolgerà la tradizionale Festa di S.Emidio.
La chiesetta è lì sorta “…nel 1781 in occasione del seppellimento in quel luogo dei cadaveri di quanti restarono vittime del terremoto del 3 giugno, tanto nella cattedrale quanto nella città. Ogni anno in ricorrenza di sì luttuosa calamità soleva farsi una processione di penitenza e suffragio a detta chiesa, ma questa cerimonia andò in disuso dopo la venuta del Governo Italiano, come pure andarono in disuso la festa di S.Emidio con relativa processione, e la Compagnia, che vi era eretta” (Sac. Gottardo Buroni “La Diocesi di Cagli” – Tipografia Bramante – Urbania – 1943).
Maria Paradisi, custode della chiesetta
La tradizione vorrebbe quindi che questa ricorrenza si celebrasse il 3 giugno.
Attualmente invece la data di questo evento cambia di anno in anno: quest’anno è stata fissata al 22 agosto. Invece il giorno in cui la Chiesa festeggia il Santo è il 5 agosto.
Nel pomeriggio di venerdì prossimo, quindi, alle ore 17.30 verrà celebrata una messa.
Seguirà il tradizionale sobrio rinfresco.
Attualmente invece la data di questo evento cambia di anno in anno: quest’anno è stata fissata al 22 agosto. Invece il giorno in cui la Chiesa festeggia il Santo è il 5 agosto.
Nel pomeriggio di venerdì prossimo, quindi, alle ore 17.30 verrà celebrata una messa.
Seguirà il tradizionale sobrio rinfresco.
Notizie su S.EmidioEmidio nacque, nell’anno 273, da nobile famiglia di Treviri, città del nord-ovest dell' attuale Germania, ai limiti dell’Impero Romano. All’età di 27 anni, lui che era di famiglia pagana, stando a contatto coi suoi coetanei cristiani, si accostò alla vera Fede ricevendo il battesimo. Per volere divino partì per l’Italia assieme a tre suoi amici, Euplo, Valentino e Germano, giunto a Milano ebbe un incontro molto importante con il vescovo S. Materno che lo istruì adeguatamente e l’ordinò sacerdote. Trasferitosi a Roma, vi dimorò con spirito apostolico, associando prodigi sorprendenti. Fu ricevuto dal papa S. Marcellino, il quale ritenendolo idoneo ad assumere le responsabilità episcopali, lo consacrò vescovo destinandolo ad Ascoli, dove risiedeva una comunità che ardeva dal desiderio di avere un Pastore. Ascoli, distrutta da Pompeo Strabone e ricostruita dal figlio Pompeo Magno, era un’importante città posta lungo la strada consolare “Salaria”, che univa a Roma e al mare Adriatico. Contava oltre ottantamila abitanti, ed era un centro commerciale e militare molto importante. Emidio con slancio accolse il desideri del papa e partì per Ascoli assieme ai suoi amici. Lungo il tragitto, venne informato che qui si era risvegliata un’attività persecutoria verso i cristiani, quindi non c’erano le migliori condizioni per svolgere la sua missione. Si indirizzò allora verso il vicino Abruzzo, convertendo alla Fede la città di Pitino ed altre vicine.
Ristabilitasi la calma ad Ascoli vi si recò e fu accolto con grande gioia dai martoriati cristiani. Il giovane Emidio iniziò, allora, la sua opera pastorale con grande fervore: predicava, istruiva, confortava i sofferenti, convertiva e battezzava, raggiungendo anche centri limitrofi; raggiunse anche Fermo, dove assieme ad una comunità di cristiani preesistente, aprì al culto del vero Dio un tempietto pagano. Dopo appena tre anni d’intenso e proficuo lavoro, confortato da prodigi, nel 303, tornato ad Ascoli, quando ormai tanti pagani si erano convertiti alla Fede e, tra questi anche Polisia, la figlia del Prefetto della città, fu catturato dai persecutori, condannato a morte e decapitato nel luogo dove oggi sorge il tempietto di “S. Emidio Rosso”.
Caduto a terra in un lago di sangue, il Martire – secondo la tradizione – raccolse il capo, si alzò, mettendosi in cammino per raggiungere l’Oratorio delle Grotte, dove radunava i fedeli per le sacre funzioni; qui si adagiò per il riposo eterno. Mani pietose poi lo composero in un rude sepolcro scavato nel tufo. Gli ascolani, successivamente, lo esumarono e portarono nella cripta della Cattedrale, ove è particolarmente venerato come Protettore contro il flagello del terremoto. Ciò deriverebbe dal fatto che "Egli, già in vita, aveva dal Cielo il potere di disporre, a sua volontà, del terremoto che, quando entrava in qualche città, come a Pitino in Abruzzo, o in Ascoli, il terremoto si scatenava d'improvviso e faceva crollare i templi e le statue degli dèi... ma non le case! e anche oggi, queste, il Santo le prende in sua tutela" (Dalla Lett. past. "O Beate Emigdi" di Mons. Ambrogio Squintani)
Ristabilitasi la calma ad Ascoli vi si recò e fu accolto con grande gioia dai martoriati cristiani. Il giovane Emidio iniziò, allora, la sua opera pastorale con grande fervore: predicava, istruiva, confortava i sofferenti, convertiva e battezzava, raggiungendo anche centri limitrofi; raggiunse anche Fermo, dove assieme ad una comunità di cristiani preesistente, aprì al culto del vero Dio un tempietto pagano. Dopo appena tre anni d’intenso e proficuo lavoro, confortato da prodigi, nel 303, tornato ad Ascoli, quando ormai tanti pagani si erano convertiti alla Fede e, tra questi anche Polisia, la figlia del Prefetto della città, fu catturato dai persecutori, condannato a morte e decapitato nel luogo dove oggi sorge il tempietto di “S. Emidio Rosso”.
Caduto a terra in un lago di sangue, il Martire – secondo la tradizione – raccolse il capo, si alzò, mettendosi in cammino per raggiungere l’Oratorio delle Grotte, dove radunava i fedeli per le sacre funzioni; qui si adagiò per il riposo eterno. Mani pietose poi lo composero in un rude sepolcro scavato nel tufo. Gli ascolani, successivamente, lo esumarono e portarono nella cripta della Cattedrale, ove è particolarmente venerato come Protettore contro il flagello del terremoto. Ciò deriverebbe dal fatto che "Egli, già in vita, aveva dal Cielo il potere di disporre, a sua volontà, del terremoto che, quando entrava in qualche città, come a Pitino in Abruzzo, o in Ascoli, il terremoto si scatenava d'improvviso e faceva crollare i templi e le statue degli dèi... ma non le case! e anche oggi, queste, il Santo le prende in sua tutela" (Dalla Lett. past. "O Beate Emigdi" di Mons. Ambrogio Squintani)